Krishnamurti nel programma scolastico

Una storia da Brockwood Park School
di Bill Taylor

In quel momento Andy aveva problemi con tutto lo staff e correva il rischio di essere espulso da Brockwood; era ribelle, arrabbiato, non riusciva ad eseguire i suoi compiti e gli mancava completamente la fiducia in sè che ci sarebbe voluta per rimediare alla situazione. Il suo insegnante di riferimento, dopo aver provato di tutto, decise di stabilire per lui un programma completamente nuovo, un programma che comprendesse più ore di attività manuali, nelle quali Andy riusciva bene, ma che prevedesse anche la sua partecipazione obbligatoria alla cosiddetta “Krishnamurti Class”.

La “Krishnamurti Class” era ancora all’inizio, essendo cominciata nel settembre 2002, sia perché alcuni studenti ne avevano fatto specifica richiesta, sia perché se ne percepiva il bisogno. Il suo scopo era quello di dare agli studenti un contatto diretto e continuato con gli insegnamenti di Krishnamurti, e con le domande provocatorie e le sfide in essi contenuti.

Il programma era molto semplice: 45 minuti alla settimana, senza compiti a casa né letture speciali. Il mio collega Antonio Autor e io sceglievamo il testo o l’estratto di un video da vedere in classe e poi lasciavamo il resto del tempo per soffermarci a discutere con gli studenti su quello che veniva
letto o visto. Talvolta la scelta riguardava argomenti proposti dagli studenti stessi, ma si teneva sempre presente l’età dei ragazzi; la frequenza, comunque, era completamente libera.

Andy, perciò, era un’eccezione: non aveva scelto quella classe e non desiderava esserci. Questo fatto lo costringeva a stare con gruppi di studenti di cui non avrebbe certamente scelto la compagnia e doveva partecipare ad un’attività di cui non aveva alcuna voglia. E’ importante tenere presente che, al loro arrivo, molti studenti che frequentano le scuole Krishnamurti non conoscono quasi nulla del loro fondatore e dei suoi insegnamenti e alcuni preferirebbero continuare così. Vengono attratti dalla scuola per un certo tipo di atmosfera, o per l’ambiente e le opportunità che offre ma, per alcuni studenti, mostrare un interesse per gli insegnamenti di Krishnamurti sortirebbe l’effetto opposto.

Il senso di “noi e loro” che le scuole convenzionali sanno inculcare così bene, rinforzato dall’usuale senso di ribellione adolescenziale, comporta che il messaggio venga liquidato ancora prima di averlo ascoltato.

Quando Andy entrò in classe, aggiunse la propria sedia al cerchio che veniva formato per l’incontro settimanale; fra tutte quelle disponibili scelse una sedia bassa, il che gli permise di darsi un atteggiamento quasi ozioso e assunse un’aria antisociale e indifferente.
Se ne stette a guardare il soffitto o fuori dalla finestra per quasi tutto il tempo e si rifiutò di dire una sola parola per quasi un mese. Comunque, gli incontri andavano avanti e lui non poteva fare altro che ascoltare le letture che venivano fatte e le domande e i dialoghi fra gli studenti e lo staff. Nessuno gli chiedeva di esprimere delle risposte, nessuno gli chiedeva conto di quello che aveva ascoltato e non doveva fare alcun compito a casa, così cominciò a rilassarsi.

Lavoravamo soprattutto sui testi dei capitoli intitolati “Ai giovani” tratti dal libro “Krishnamurti Reader” – Edizione inglese Penguin Arkana (edizione italiana “La ricerca della felicità” – Rizzoli 1993 Mondadori 2007). Questa parte comprende 24 capitoli che trattano domande e problematiche che generalmente gli adolescenti non sono abituati ad esplorare seriamente con gli altri, soprattutto in un ambiente scolastico.

Andy se ne stava lì ad ascoltarci mentre leggevamo le domande poste da Krishnamurti cercando di farle nostre. Perché sottoporsi allo sforzo che l’educazione comporta? Esiste qualcosa come la sicurezza? Che cosa significa amare? Che cosa significa essere liberi? Che cos’e la mente? Può la mente essere libera dalle abitudini e dal crearne di nuove? Come nasce un’idea? Che cos’è la semplicità? Che cos’è la bellezza? Qual è la differenza tra la fiducia in sè e la fiducia senza il sè?

Se sia stato per via di quell’intrigante “fiducia senza il sé” o della ben più comune fiducia in sé stessi, è difficile dirlo, ma durante il secondo quadrimestre Andy aveva cominciato a parlare in classe.

I suoi interventi erano di solito brevi e superficiali, ma erano liberamente espressi e venivano ascoltati con interesse da tutti i presenti. Con il passare del tempo Andy interagiva sempre di più e cominciò ad impegnarsi sia con i testi che con il gruppo, in una maniera che all’inizio del corso non ci saremmo nemmeno potuti sognare. Anche altri aspetti della sua vita nella scuola andavano migliorando da quando aveva cominciato il suo nuovo programma. Durante la “Krishnamurti Class” la struttura discorsiva e di autoriflessione andava crescendo in Andy, facendolo sentire a proprio agio sia con se stesso che con l’etica generale della scuola.

Le intenzioni e le modalità di questo “corso” seguono un po’ lo stile delle discussioni che Krishnamurti stesso teneva con gli studenti durante i suoi soggiorni a Brockwood. A partire dalla fondazione della scuola nel 1969 e fino alla sua morte nel 1986, Krishnamurti fu un “visitatore” abituale di Brockwood, passandovi in media circa quattro mesi durante l’anno accademico. Si incontrava con studenti e staff almeno due volte alla settimana, cercando di fare in modo che al cuore della scuola vi fosse un’esplorazione vitale della coscienza e una trasformazione umana.
Fin dalla sua morte, a Brockwood si è fatto molto perché questi intenti siano ancora centrali in quello che si sta facendo; la “Krishnamurti Class” è solo una parte della lunga lista di corsi che sono stati offerti nella scuola con queste intenzioni.

Abbiamo scelto di chiamarla “Classe” e di porla al centro della giornata accademica per darle la legittimità che le spetta e anche perchè riguarda un’attività mentale opposta ma complementare a quella richiesta per lo studio accademico. Gli studenti devono affrontare un carico di studio sempre crescente, con una maggior pressione di programmi ed esami e, per farvi fronte, hanno la tendenza a diventare più conservatori nei loro gusti, dirigendo energia e attenzione verso le materie per le quali sono essenziali buoni voti e prove d’esame.

Relegare alla fine della giornata attività che cercano di incoraggiare indagine e autoriflessione, significherebbe quasi suggerire che sono meno importanti e questo indurrebbe gli studenti a una risposta meno brillante.

Nei primi anni, durante le sue visite primaverili, Krishnamurti arrivava perfino a cancellare delle classi d’esame per fare in modo che gli studenti potessero incontrarsi con lui e discutere a proposito di relazione, rabbia, responsabilità e amore.

Andy, nel suo breve rapporto di fine anno sulla classe, dichiarò che malgrado avesse avvertito una certa “costrizione” nell’essere obbligato alla frequenza, egli aveva mantenuto una mente aperta – cosa su cui non saremmo affatto stati d’accordo durante le prime settimane!
“E alla fine – conclude Andy – mi è piaciuto veramente!” La dichiarazione di Andy ci ha fatto riesaminare la questione “dell’uso della forza”.

Avevamo sempre evitato di rendere obbligatoria la classe perché non volevamo allontanare gli studenti dall’insegnamento di Krishnamurti prima ancora che sapessero di che cosa si tratta.

C’era già un corso obbligatorio (Inquiry Time – Momento d’indagine) durante il quale si cerca di esplorare questioni psicologiche importanti con tutti gli studenti, ma questo non comportava necessariamente un riferimento diretto agli insegnamenti di Krishnamurti.

Sentivamo che gli insegnamenti aggiungevano un’altra dimensione di sfida a qualsiasi indagine. E’ stato grazie all’esperienza fatta con Andy che abbiamo deciso di affrontare la sfida con tutti gli studenti, indipendentemente dal loro gradimento. All’inizio del successivo anno accademico rendemmo il corso obbligatorio per tutti.

Ora ci troviamo quasi a metà strada del secondo anno della “Krishnamurti Class” come elemento obbligatorio dei nostri programmi per tutti gli studenti di Brockwood e siamo in grado di valutare un po’ meglio i risultati. Per ovvie ragioni, non abbiamo voluto usare i soliti strumenti di valutazione, come temi scritti, prove ed esami; pertanto il nostro giudizio si basa principalmente su valutazioni fatte dagli stessi studenti e sulle nostre osservazioni delle classi. Siamo stati piacevolmente sorpresi dal fatto che non ci fosse opposizione al corso da parte degli studenti e dalla natura positiva dei commenti che hanno dato. In generale si sono avvicinati al corso senza la resistenza mostrata da Andy e hanno accolto molto bene l’opportunità di riflettere su quello che Krishnamurti ha da dire e su come tutto questo sia in relazione con le loro vite.

A proposito di quello che la classe ha significato per lei, Eva (Germania – 17 anni), ha scritto: “…ha suscitato molte domande, mi ha fatto pensare al mondo e a come vanno le cose. Non mi sarebbero mai venute in mente certe domande se qualcuno non le avesse poste.”

Per Marlon (Italia – 15 anni), le domande hanno avuto un duplice impatto; per prima cosa hanno fatto cambiare la sua idea su Krishnamurti e in secondo luogo hanno cambiato il suo modo di sentire: “La mia idea di Krishnamurti è cambiata. Credevo che si limitasse a porre domande e basta, ma ora mi rendo conto che le sue domande aprono la tua mente e ti rendono attivo in tutti i sensi.”

In un giovane, quando vengono comprese, queste domande possono agire come un forte catalizzatore per il cambiamento: Lucy (Gran Bretagna – 19 anni) scrive: “[il libro] …mi ha portato ad esaminare le mie stesse idee riguardo il futuro, la carriera, il successo, i valori, la leadership e l’imitazione.
Mi ha fatto mettere in dubbio la necessità di alcuni miei obiettivi per il futuro e mi sono ritrovata a riconsiderare le mie idee, il che potrebbe essere un lungo ma gratificante e importante processo di maturazione.”

Lucille (Francia – 16 anni), riassume il pensiero di tantissime persone che hanno letto gli insegnamenti, quando scrive: “Quello che mi piace veramente leggendo i libri di K… è che mette in parole i pensieri che io non posso spiegare. Ritrovo veramente me stessa in quello che dice.” Trovare se stessi negli insegnamenti significa anche esaminare se stessi e tutto quello che ci si aspetta. Non c’è bisogno di conoscere la storia dell’uomo per sapere che gli adolescenti si trovano spesso in prima linea quando si tratta di questioni relative a identità, direzione e significati.

Impegnare seriamente questi giovani su questioni profonde significa aprire in loro una porta che la cultura moderna tende a trascurare. Non sono solo gli educatori, i genitori, i politici e i sapientoni a sbagliare su questo, come scrive Daisy (Stati Uniti – 15 anni): “[la K Class]… tira fuori cose di cui non parleresti con i tuoi amici, e fa emergere domande sulle quali devi pensare per trovare una risposta.” Gli studenti riconoscono che fra di loro in classe succede qualcosa di straordinario, come Daniel (Germania – 19 anni) ha scritto: “E’ incredibile vedere dei quindicenni parlare o riflettere a proposito di consapevolezza o di religione, per esempio.”

Una delle cose impressionanti riguardo le classi è l’atmosfera che si crea nell’aula. Atmosfera su cui può essere difficile essere d’accordo o che può essere difficile da determinare, ma studenti e insegnanti possono generalmente sentire quando quella curiosa combinazione di attenzione, interesse, affetto e indagine è viva nella stanza.
“Senza una buona atmosfera, nulla può funzionare come vorremmo” ha scritto Dasha (Russia – 16 anni). Per gli studenti l’atmosfera sembra dovuta almeno in parte al fatto di sentirsi sollevati dalla solita pressione del risultato accademico da raggiungere. “Mi piace questa classe perché è l’unica in cui non sento pressioni di nessun genere; è una classe libera dove ciascuno può dire quello che pensa senza paura di avere ragione o torto” dice Manuel (Messico – 17 anni).
Robbie invece (Gran Bretagna – 18 anni) all’inizio si era preoccupato per il fatto che la classe fosse obbligatoria e che questo potesse avere un impatto negativo sull’atmosfera, ma successivamente ha scritto: “…sento che l’atmosfera in classe è più rilassata e che questo produce un buon effetto sull’atmosfera della scuola”.

Se la “K Class” sta andando veramente così bene, basta una sola volta alla settimana? Alcuni studenti pensano di no: “Mi piacerebbe che ci fossero delle discussioni, “K Class” e “Inquiry Time” più di una volta alla settimana; se ci fosse matematica una sola volta alla settimana non si andrebbe molto lontano e lo stesso vale per queste classi”, scrive Kailyn (Stati Uniti – 15 anni).

Alcuni studenti vorrebbero che si ampliasse l’argomento includendo opere di altri grandi ‘filosofi’, mentre altri hanno chiesto di poterne sapere di più sull’uomo Krishnamurti: “…come trascorreva il suo tempo libero, quali erano i suoi hobby, le sue abitudini, le sue attività, ecc. perché è interessante conoscere la persona da un altro punto di vista, non come un grande filosofo ma come essere umano” ha scritto Vitya (Russia – 19 anni).

Altri studenti hanno messo a fuoco altri aspetti. Una ragazza che è stata allevata in una famiglia in cui gli insegnamenti di Krishnamurti le furono sottoposti fin dall’infanzia, vorrebbe che ci fosse un dialogo più aperto senza riferimento agli insegnamenti, perché, come scrive: “Tutto quello che lui ha detto sento di pensarlo, ma che qualcuno me lo imponga lo sento un po’ frustrante… i suoi libri sono lì per indicare qualcosa ma, dopo, noi dovremmo pensare per conto nostro… avendo fiducia che possiamo farlo.” (Zoe Francia – 16 anni).

Andy ha lasciato la scuola alla fine del primo anno della K Class e da allora non lo abbiamo più sentito. E lo stesso avverrà probabilmente per molti degli studenti che si riuniscono oggi nella sala dalle pareti rivestite di pannelli di quercia, affacciata sul grande prato sud della scuola, seduti in circolo durante la “K Class”. Ma, avendo ascoltato le domande, essendo stati testimoni della bellezza degli insegnamenti, avendo gustato la gioia di indagare, forse anche loro cominceranno a pensarci per conto proprio. “Avendo fiducia di poterlo fare da soli”!

Alcuni dei nomi riportati nell’articolo sono stati cambiati.

Bill Taylor
Director of Administration

Brockwood Park School
Bramdean
Hants SO24 0LQ
England

Sito: www.brockwood.org.uk
Email: admin@brockwood.org.uk

Tel.: 0044 (0) 1962 771 744
Fax: 0044 (0) 1962 771 875

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Bibliografia:

J. Krishnamurti. Beginnings of Learning,
London, Penguin Books (1978)
Cominciare a Imparare –Ubaldini Editore

J. Krishnamurti. Letters to the Schools, Volume One,
Den Haag, Mirananda, (1981)
Lettere alle scuole – Ubaldini Editore

J: Krishnamurti. Education and the Significance of Life,
London, Victor Gollancz Ltd (1995)